
Blade Runner 2049 di Denis Villeneuve, (2017)
Riparte la caccia.
Nel 2049 i vecchi replicanti di tipo Nexus sono quasi spariti. I pochi ancora “in giro” devono essere “Ritirati” dai Blade Runner.
Fin qui tutto ok e niente di nuovo.
Ma cos’è cambiato rispetto al precedente Blade Runner?
Molte cose e poco o niente.
Mi spiego meglio.
La Tyrell Corporation non esiste più, crollata sotto i colpi del fallimento della produzione della serie Nexus, i replicanti rivelatisi più pericolosi che utili per gli umani.
Esiste ora la Wallace Industries che sforna i nuovi replicanti di ultima generazione completamente integrati nella quotidianità umana.
Ovviamente gli ultimi Nexus fuggiaschi sono prede dei cacciatori che li devono ritirare.
Cacciatori come il protagonista, l’agente KD6-3.7 della LAPD anch’egli un replicante.
Durante un ritiro di routine K s’imbatte in qualcosa d’insolito.
Scopre una cassa sepolta sotto un albero, contenente resti umani.
Anzi no; resti di una replicante.
E dai resti si evince un fatto straordinario; questo replicante ha avuto una gestazione!
Cazzo, questo sì che aggiunge qualcosa di nuovo al primo film.
E vediamo un po’; se i Nexus sono da ritirare perché pericolosi, cosa potrebbe rappresentare la prole di una Nexus?
La fine del genere umano?
Forse.
Fatto sta che naturalmente la notizia non deve trapelare, ma soprattutto è d’obbligo trovare il figlio e sbarazzarsene.
Questo almeno secondo la LAPD, ma ovviamente non per la Wallace Industries, al cui vertice domina (come fosse una specie di Dio) Niander Wallace.
Va da sè che la caccia diventa forsennata e il cacciatore diventa a sua volta la preda.
L’indagine di K lo porta a scoprire l’incredibile.
… Non posso continuare, altrimenti lo spoiler diventa abissale …
Il film è dotato di un impatto visivo impressionante, assolutamente da vedere sul grande schermo.
Il caos che caratterizzava la Los Angeles del primo Blade Runner è una costante, le dimensioni delle città sono enormemente cresciute.
In una Las Vegas abbandonata quasi da tutti ritroviamo anche il nostro Deckart fuggito dal suo passato e forse dal suo futuro in compagnia di un cagnolone. Replicante? Chissà… (“Chiediglielo”)
Nel delirio di un colore arancione che pervade ogni cosa assistiamo anche allo scontro / incontro di K con Rick.
I ritmi sono altalenanti e quelli lenti sono in netta superiorità, ma senza intralciare lo scorrere del film nelle sue tre ore scarse.
Molto interessante è il tema dell’amore tra replicanti (!) e quello tra un’intelligenza artificiale e K.
Il messaggio comune è il sacrificio, la rinuncia per amore anche all’amore stesso, noncurante persino della morte.
Infine il tema che farà da motore per gli eventuali sequel sarà l’identità dei replicanti, reclamata attraverso l’orgoglio di appartenenza ad una razza (o specie).
E a questo scopo serve un capo…
ops! spoilerino…
Questa volta non ho visto cose che voi umani…
ma m’è piaciuto tantissimo lo stesso.